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[Off-Road] Val d'Assa Trophy (By ALVES)

Aperto da Webbo, Dicembre 14, 2004, 19:42:27 PM

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Webbo

Per chi si è perso l'uscita di sabato scorso (e anche per gli altri)!
Ciao
Alves


VAL D'ASSA TROPHY 28/06/03

La Val d'Assa è una profonda incisione che attraversa l'Altopiano di Asiago. Scende dal Passo di Vezzena, separando nettamente la piramide del Monte Verena dal crinale della Valsugana (Spitz di Vezzena, Cima Larici), dal massiccio del Portule e dal Monte Interrotto; nel tratto terminale, prima di confluire nella Val d'Astico a Pedescala, diventa un profondissimo e scosceso canyon, quasi del tutto inaccessibile.
Questo sabato volevo trascinare in questi luoghi alcuni XRisti, ignari delle fatiche e sofferenze a cui sarebbero andati incontro; alla fine nessuno si è presentato, per cui sono uscito con il solito Diego, compagno di 1000 avventure e sventure.


CINGELLA
Partiamo da Schio alle 7.45 in direzione Piovene, dove imbocchiamo veloci sentieri che attraversano le dolci ondulazioni moreniche della media Val d'Astico: fatti, rifatti e strafatti 100 volte, ma sempre divertenti, facili, scorrevoli, adattissimi come riscaldamento.
Seguiamo il corso dell'Astico lungo un sentiero strettissimo, una vera gimkana naturale tra gli alberi, danziamo tra le piante come campioni di slalom; nei pressi di una valletta laterale superiamo agevolmente una doppia esse in salita con macigni in mezzo a rompere la traiettoria. Diego è costantemente incollato alla mia scia, è uno concreto, non si vanta mai, fa il modesto, ma arriva sempre e spesso anche meglio di me!
Breve tratto di asfalto fino e ci attende la "Cingella", che non è una prostituta locale bensì una famosissima mulattiera che sale dal fondovalle fino ai pascoli del Verena.

Il primo tratto è su sterrato inizialmente ripidissimo, ciottoloso di ghiaia grossa, a picco sulla valle; verrebbe da aprire del tutto il gas, lanciare al galoppo i CV del motore, arare il fondo con la ruota posteriore; ma non lo faccio: ho la moto che fa un bordello infernale, sicuramente mi sentono in tutta la valle (monto uno scarico artigianale MilanoMoto, acquistato usato, che si deteriora velocemente e fa un rumore schifoso, un sibilo acuto da 2T invece del rombo cupo del 4T, che schifo!).
In cima alla Cingella sono stato beccato l'anno scorso, assieme a Paolo K620, ma ci è andata bene, la guardia usò clemenza e non ci multò, forse perché eravamo stati educati e rispettosi, pur facendo valere le nostre ragioni: quando la guardia (credo volontario di qualche corpo, ormai sono più i protettori dei boschi che i possibili nemici!) iniziò la predica sulle moto che rovinano i sentieri Paolo gli fece girare lo sguardo verso la cava dall'altro versante della valle, che si sta letteralmente mangiando la montagna sull'altro lato della valle, e quello non fiatò più. Inoltre eravamo solo 2 e "relativamente" del posto, fossimo stati una dozzina di padovani o veneziani non credo ci avrebbe risparmiato! Infine Paolo usò il jolly, come documento di identità esibì il tesserino di guardia carceraria, fra militari, ex-militari e affini ci si chiudono gli occhi a vicenda!
E poi contrariare Paolo non è consigliabile: girare con al fianco con 1.80 mt x100kg di muscoli (pratica regolarmente pugilato) ti fa sentire sicuro in molte situazioni.
Comunque sono inquieto, e non solo perché non c'è Paolo: lo resterò per tutta l'uscita, un conto è infrattarsi in sentieri inaccessibili e deserti, un altro fare gli sterrati vietati dell'altipiano, frequentemente percorsi dalle odiate 4x4 verdi. Inoltre non mi diverto più tanto a correre su questi ampi sterrati, che una volta amavo tanto (10 anni fa ero sempre lì col 125); se corri, fai le curve in controsterzo, cerchi il limite, rischi di farti male seriamente, da solo o contro escursionisti, M-B, vacche al pascolo, auto; se vai piano rischi di addormentarti sul manubrio: vuoi mettere con un sentierino guidato nel bosco, quasi quasi mi compro un trial, o una Beta Alp. 

Nella parte alta la strada diventa mulattiera, tutta a tornati e scalini di roccia dove spaccare per bene cerchi e sospensioni: vado piano e la moto rimbalza su ogni sasso, mi sembra di guidare come un sacco di patate, non so se sono io ad essere impedito o le sospensioni che fanno schifo.
Però non è mai impossibile e non si scende a spingere, nemmeno su dei lunghi lastroni di roccia viscida; vediamo sopra di noi una parete verticale, non si direbbe che si passi di lì, ma poi con un tornate la costeggiamo alla base, sotto una specie di tettoia naturale.
Si arriva su un panoramico balcone dove c'è un vecchio cartello giallo pieno dei graffitti dei regolaristi del passato (bello leggere le marche: SWM, KTM, PUCH, FANTIC...è un monumento all'enduro!) purtroppo è anche il posto dove mi hanno beccato in un momento di sbracamento totale (meglio non fermarsi).
Sotto di noi, profondo centinaia di metri, il canyon della Valdastico.


VAL D'ASSA THROPY
Al cartello entriamo nel fitto della pineta:andando sempre dritti arriviamo proprio davanti a una malga: giro a dx, sbagliando, perché avrei dovuto girare a sx, valicare il crinale che separa questo pianoro dalla Val d'Assa e imboccare la sterrata che scende direttamente di fronte al all'Osteria del Termine, antico posto di confine tra Italia e Impero Austro-Ungarico.
Quindi andiamo verso Vezzena per questa ampia sterrata, fra pascoli, vacche, cippi e ricordi delle battaglie del 1915.
Ci fermiamo al bivio con la strada asfaltata che conduce a Luserna, io consulto la cartina per vedere dove iniziare la fase esplorativa del giro, Diego sta pisciando felice sul prato quando vede arrivare di gran carriera la Panda verde dei Forestali e si butta giù dal prato ancora col pisello in mano "ci hanno sentito, stanno venendo qui per noi!" si agita.
Ma lo tranquillizzo "qui è aperto al transito, tranquillo" ma inquieto lo sono un po’ anch'io, sai mai come va a finire. Ma i Forestali se ne vanno verso Luserna, mentre noi scendiamo al Passo di Vezzena e poi giù lungo la Val d'Assa fino al Termine.
Sul retro della locanda parte uno sterrato che si inoltra nella valle Sparavieri: all'inizio una sbarra e un cartello "Area protetta - vietato abbandonare il sentiero segnato", se ci beccano qui sono cazzi!
La sterrata termina in un piccolo piazzale da dove partono tre piste, indicate da strane freccette nere su sfondo bianco, mai viste prima.
Busta A, B o C? Scelgo la B, quella centrale.
Il fondo è di terra rossa, argillosa, bagnata dal temporale della notte precedente; ai lati profonde carregge lasciate dai trattori; ogni tanto questa "carne" rossa lascia affiorare ossa bianchissime, ossia pietre e lastre rocciose, come pure neri e contorti tentacoli, radici affioranti degli alberi circostanti.
Salgo circospetto, troppo lento,un ostacolo mi fa scartare l'avantreno, accelero per superarlo ma la moto si intraversa, la ruota anteriore su un canale il posteriore sull'altra. Di peso alzo e allineo le ruote, la pendenza è notevole, mi sembra impossibile ripartire, ho ancora pochi mm di tassello sulle gomme, ma tento lo stesso: patinando la frizione e zampettando riesco a ripartire, guadagnando quel po’ di velocità necessaria a salire, chi si ferma è perduto, lancio la moto sopra agli ostacoli, supero sassi, radici, fangoni ma la pendenza via via aumenta, il motore rantola sempre più, la traccia diventa sempre più labile fino a scomparire del tutto: sono fermo in mezzo alla foresta.
Aspetto Diego, la mia defaillance di prima lo ha fatto fermare, ma è riuscito lo stessa a ripartire, con un Vee Rubber posteriore finito, con metà tasselli strappati, non so come abbia fatto!
Torniamo alla "piazzetta" e scelgo la A, la traccia a sx: entriamo nel fondovalle, lungo il torrente in secca, lo attraversiamo un paio di volte, il fondo è roccioso, sassi viscidi e muschiosi: ma anche questa via si perde nel bosco, impossibile risalire la valle da lì.
Non ci resta che l'ultima possibilità, la C. Ancora fangone, sassi, radici, solo che qui la pendenza è ancora maggiore, ci sono gradoni anche di oltre mezzo metro, fermarsi vorrebbe dire ribaltarsi; con la coda dell'occhio vedo un magnifico esemplare di capriolo fuggire nel bosco, chissà che spavento per lui, ma non sono un pericolo!
Non so se Diego mi sta seguendo ma non posso mollare, girarmi vorrebbe dire non partire più; finalmente la pendenza cala, sono in un piccolo pianoro, la traccia continua; uno scoiattolo dalla coda nera fugge veloce nel sottobosco, la foresta attorno è maestosa, incute rispetto e stupore. Lontano sento il K di Diego rantolare, lentamente ma il rumore si avvicina; OK ci sta riuscendo, vado un po’ avanti.
Mi fermo davanti ad un enorme albero caduto che blocca il passaggio, ma non è il solo; attorno altri giganti caduti, sradicati dalla terra, le nere radici rivolte al cielo: il temporale di ieri deve essere stato violentissimo, una vera tromba d'aria.
Arriva Diego, studiamo la situazione e decidiamo di tornare a valle: troppo impegnativo e lungo superare l'ammasso di tronchi, troppo labile e incerta la via. Scendiamo verso la sterrata a motore spento, non c'è pericolo di fermarsi con una tale pendenza, ci sono passaggi al limite del ribaltamento, fra me e me mi compiaccio della prestazione di poco prima: in fondo anche Diego, solitamente modesto, dirà: "Però, siamo stati bravi a salire di lì con le gomme finite, si fa fatica a non capottare in discesa!" ed è vero!!
In realtà abbiamo sbagliato strada: quella che volevo fare io si imboccava più a valle ma ne accorgerò dopo.

Ritornati al Termine, prendiamo una sterrata che sale verso il Verena con numerosi tornanti, immersa nel bosco, fino ad incrociare la cosiddetta "Strada Marciana", proveniente da malga Pusterle e dal Ghertele.
Consultando la cartina mi accorgo dell'errore, decido di scendere verso il Ghertele (località della Val d'Assa dove da tempi immemorabili c'è l'omonima locanda), per poi risalire la S.S. della Val d'Assa fino all'imbocco della strada per Porta Manazzo, passaggio tra la Valsugana e l'Altopiano.
La sterrata è agevole, fino a quando non scompare la strada: siamo sul fondo della valle, proprio al centro dell'impluvio. Ai nostri lati i pendii boscosi convergono sul letto del torrente in secca, sembra quasi una stradina, mi ricorda molto i vaj della Lessinia: infatti entrambe sono zone carsiche, raramente l'acqua vi scorre, inghiottita e persa nei meandri sotterranei della terra.
Avanziamo, sassi, lastre rocciose dove scorre un filo d'acqua; avanziamo, serrati da pareti verticali ai nostri fianchi; avanziamo, fra alberi caduti e radici traditrici; sono contento, penso che ce la faremo ad arrivare in fondo quando ci si para davanti una rampa con adagiato in mezzo, per tutta la sua lunghezza, un tronco messo in diagonale rispetto alla nostra direzione di marcia. Tento di superarlo da solo, mission impossibile, cado, la moto al di qua del fusto, io al di là.
Con Diego portiamo la moto di peso oltre l'albero, tento di riavviarla ma si è ingolfata di brutto, mentre pedalo nugoli di mosche ci volteggiano attorno, si insinuano dappertutto, niente le spaventa, tanto che mi rimetto il casco da quanto sono insopportabili! Dopo 10 minuti finalmente l'XR si avvia, mi tolgo dal passaggio ma prima di dare l'OK a Diego per la partenza vado in esplorazione a piedi. L'esito è sconfortante: la pista presenta difficoltà a non finire, ogni metro è una potenziale battaglia, oggi non è ora e non siamo pronti ad affrontarla, si torna indietro.

Sostiamo al Ghertele per un meritato panino, osservando il flusso continuo di "motard" italiani e d'oltralpe, salire e scendere al valle.
Passa anche la Panda della Forestale, tutto bene finché loro stanno sull'asfalto e noi sullo sterrato.
Ormai è ora di tornare verso Schio: risaliamo ancora per la "Strada Marciana" fino al bivio che conduce verso Roana e il Laghetto Spillek: una veloce ma guidata sterrata che percorriamo ai 70-80 km/h, attraverso i boschi e negli spazi vuoti tra i rami, ci regala splendide vedute sulla Val D'Assa.
Rifornimento a Canove e via verso la val Magnaboschi , verso la pianura. Attraversiamo i boschi che videro l'estrema resistenza italiana durante la Strafe-expedition nel giugno 1916, monte Lemerle, Zovetto, i piccoli, silenziosi cimiteri di guerra inglesi, con le loro lapidi, tutte uguali, tutte bianche, la morte annulla ogni differenza, accomuna tutti.
C'è spazio ancora per un piccolo intermezzo "hard enduro" una valletta nel bosco tutta roccia viscida e radici, da fare sparati, pena il blocco totale.
Nell'ultimo sterrato superiamo ancora un'altra Panda della Forestale, azzo, sono come i funghi, ma qui si può passare, anche stavolta ve l'abbiamo fatta, non ci avete presi.
Finalmente il ciglio dell'Altopiano e il Costo, pista degli smanettoni stradali; ma noi scendiamo per la Tagliafuoco, ultimi scampoli di fuoristrada di un giro che è già oltre i 120 km percorsi. Proprio in fondo l'ultima "emozione" della giornata: al termine di una rampa acciottolata ripidissima Diego arriva lanciatissimo, urla "Via, Via, Via!!!" non vedo, non capisco, in un attimo me lo ritrovo addosso, per fortuna nessuna perdita a uomini e mezzi.
E anche oggi è andata!

Ciao
Alves
Per cortesia non contattatemi in privato (via PM o mail) per aiuto o consulenze tecniche, postate pubblicamente, e se vi posso aiutare lo farò volentieri.