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Deserto a Nord Est

Aperto da alves, Novembre 21, 2006, 14:00:21 PM

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alves

Un bel giro di qualche tempo fa:

DESERTO A NORD EST

Meduna e Cellina sono 2 torrenti che scendono dalle Alpi Friulane, si incrociano poco a nord di Pordenone, per poi proseguir col nome di Meduna fino a confluire nel bacino della Livenza.
Chiamarli fiumi, o torrenti, è un eufemismo topografico: di acqua non ne scorre una goccia, quando ci sei di fronte, o dentro, ti paiono secchi dall’eternità dei tempi, ma forse c’è anche lo zampino dell’uomo, che con poderose dighe trattiene migliaia di ettolitri di acqua fra le montagne Carniche.

Da una guida: “Grave: Ampie distese di ghiaia, sabbia, limo formate dai fiumi di provenienza alpina del settore padano veneto orientale; una volta abbandonata la zona montana e pedemontana e arrivati alla pianura, si espandono in un conoide alluvionale dove depositano i detriti strappati ai fianchi delle montagne. Creano quindi un paesaggio molto particolare, solo apparentemente monotono e desolato: sulle ghiaie si instaurano praterie steppose, coperte da vegetazione pioniera e arbustiva …”
“Le grave più estese sono quelle formate dai fiumi Meduna, Cellina, Colvera nell’alta pianura pordenonese, localmente detti Magredi; nelle immediate vicinanze presenta caratteristiche analoghe l’ampio letto del Tagliamento, mentre in Vento ci sono le Grave di Papadopoli e quelle di Ciano del Montello lungo il medio corso del Piave”.

AREA 51 TOP SECRET: MAPPE & PERCORSI

A questi luoghi fui iniziato da Max, mio compagno in terra d’Africa, che mi ci portò nel 2000; a dire il vero c’ero passato anche nel 1997, al ritorno dalla Croazia, ma mi ero limitato a costeggiare la zona dalle parti di Cordenons, senza inoltrarmi all’interno: non immaginavo nemmeno come fosse in realtà! Max conosceva bene i posti, ci aveva fatto il militare; alla sera inforcava la moto da cross e andava a smanettare nelle grave.
La presenza militare è un’altra singolarità dell’area: il nord-est durante la guerra fredda è stato seminato di installazioni militari, in previsione della temuta invasione comunista dall’est. Le enormi, spopolate, spoglie distese delle grave erano il luogo ideale per essere un poligono di tiro e campo di esercitazione per i carri armati.
Forse è per questo che ho sempre faticato a trovare informazioni scritte sull’area: le carte topografiche delle varie case editrici (Kompass, Tabacco) si fermano ai piedi dei monti e trattano marginalmente l’area in questione, gli atlanti stradali hanno la scala troppo grande e non forniscono dettagli precisi.
E’ proprio da queste parti che la Cagiva testava, con Orioli, le moto per la Dakar; in un numero del 90 di Motociclismo citavano testualmente un “poligono militare lungo il Tagliamento” come sede delle prove della Elefant; forse non è un caso che il più forte Dakariano italiano, Orioli, 4 Dakar vinte, sia un friulano!
Forse è un bene, la zona è stata in un certo qual modo preservata, rimanendo allo stato selvaggio.
Ma in realtà le cose forse non stanno proprio così: da molti anni vi si corre l’Italian Baja, gara per 4x4 e moto sulla falsariga delle gare nel deserto americano, ed anche le gare del regionale enduro sfruttano la zona: io stesso con Fanna 2002 e Vidulis 2002  e 2003 ho avuto modo di impratichirmi del Meduna e del Tagliamento.
Ma forse anche qui il giocattolo si sta rompendo: divieti a circolare nell’area non ve ne sono di esplicitamente piantati al suolo, d’altra parte sarebbe impossibile delimitare una zona così estesa, e pure sorvegliarla è utopia, ma pare che i soliti ecologisti stiano mettendo i bastoni fra le ruote agli organizzatori di gare.

CELLINA

Attraverso il paese di Cordenons, passo davanti a grandi caserme, ad un bivio tengo la sterrata fra i campi che mi porta al campo da cross di Cordenons.Al campo ero arrivato un po’ a caso, seguendo le indicazioni datomi in un bar; non essendo la struttura segnata sulla mappa, la avevo erroneamente situata molto più a sud di quello che in realtà era. Se avessi proseguito dritto dal campo da cross non avrei comunque intercettato il ramo inferiore del Meduna, la “Gambetta della Y”, ma l’argine sinistro del Cellina.
In più non mi dirigevo subito verso l’argine ma divagavo in direzione nord nella boscaglia stepposa al margine del greto vero e proprio.
Non che la cosa fosse male, comunque!


Grave del Cellina

Guidando verso est arrivavo ad intercettare un evidente argine erboso, unica elevazione nella piattezza dei magredi; vi salivo sopra, e la visione era fenomenale:


A sx, un pistone da 150 km/h si perde nella steppa friulana, e solo le montagne innevate emergono dall’orizzonte…


… a dx una argentea distesa di pietra bianca di cui si fatica intuire il limite!

Per il momento resisto alla tentazione di scendere nel greto, lasciandolo per il ritorno, e avanzo verso nord, prima lungo l’argine, poi inoltrandomi in piste nella steppa.
Queste piste, all’apparenza facili sterrati, sono invece assai insidiose: è facile farsi prendere dal gas, tirare in pochi secondi la terza marcia, giungere ad 80 e passa km/h, per poi trovarsi all’improvviso di fronte una o più profonde buche, frutto del passaggio di carri armati, 4x4 o altre moto: la prima la salti, la seconda sei a pacco con le sospensioni, la terza ti spara via dalla moto come una fionda e sei pronto per l’ortopedia!
La presenza militare, discreta ma continua, c’è sempre, con caserme al limitare dell’orizzonte e posti di guardia su alti pali di cemento, ma della mia meta, l’Osservatorio Ariete, che mi aspetterei di vedere alla mia destra, non v’è traccia.
Quando incrocio la strada asfaltata che prosegue su un lunghissimo ponte, lo riconosco come il vecchio guado sulla strada tra Santa Foca e Vivaro, a monte dell’Osservatorio Ariete: urka, ho sbagliato strada, sono già ben addentro il Cellina, e il Meduna manco l’ho sfiorato!


Sentinella


Il nuovo ponte (nel 2000 non c’era) sul vecchio guado del Cellina, tra Santa Foca e Vivaro.

Vabbè, all’Osservatorio Ariete ci passerò al ritorno, e proseguo verso nord rimanendo all’interno del greto.
Il cellina lentamente si restringe, rimanendo pur tuttavia di ragguardevoli dimensioni, nell’ordine del km di ampiezza.
La varietà non è certo molta, si tratta sempre di guidare sulle pietre, ma sebbene abbia percorso solo pochi km già ho il magone di andare via senza sapere quando ritornerò, e mi vien già voglia di ritornare! Se guidi lungo la riva dx ti domandi come potrebbe essere a sx, quando sei a sx immagini cosa ci sia a dx, e se rimani al centro ti domandi cosa ti stai perdendo a i lati!
I sassi, a parte nelle zone al limitare delle montagne, hanno dimensioni umane, si va dalla ghiaia a dimensione di noci fino a sassotti grossi come meloni; cercando di legare tra loro i tratti dove le pietre sono più piccole si procede spediti, evitando quella fastidiosa situazione in cui si avanza a passo d’uomo, piedi a terra, zampettando tra una pietra ed uno scalino, mandando nel frattempo arrosto motore e frizione!
Ne consegue uno stile di guida africano: sempre in piedi, lo sguardo lontano per interpretare le condizioni del terreno; peso arretrato, per non far impuntare la ruota anteriore sugli ostacoli; velocità sostenuta, in modo da far galleggiare la moto sul pietrame; motore in tiro, in modo da avere una riserva di potenza per saltare ostacoli inaspettati.
Il pericolo maggiore sono infatti gli imprevisti crepacci e dislivelli che ti si parano sotto gli occhi: piuttosto che frenare troppo e rischiare di cappottarsi in avanti, è meglio accelerare decisi, saltare ed atterrare a ruote parallele; per prudenza viaggio in terza, in modo da avere si potenza per saltare, ma anche freno motore per fermarmi, perché certi salti non fanno per me:



Atterrare qua sopra sarebbe duretta, almeno per me!

Questa guida è una guida d’attacco, aggressiva, faticosa , che richiede concentrazione; per una guida di riposo occorre ripiegare sulle sterrate a lato del fiume; niente guida in relax sul Cellina.
 

  Al centro del greto


Nella fascia stepposa c’è sempre una pista sterrata, utile riposo quando non se ne può più della pietraia.


Hammada friulana

Sotto i ponti dell’alto Cellina incontro le uniche presenze umane sul fiume, non considerando i cavatori di ghiaia che però lavorano lontani sulle rive; sono appassionati di fuoristrada 4x4, che con le loro Land Rover si accampano rigorosamente sul fiume, addirittura sul letto di pietra; montano le tende, o dormono nella “maggiolina” sul tetto della jeep; piazzano tavolini e sedie al riparo di teloni tirati tra auto e terreno, e stanno lì, leggono un libro, osservano il paesaggio.
Incontro 2 gruppi, uno formato da 3 mezzi, poi un Land solitario; mi salutano calorosamente, agitando le braccia. Le targhe sono straniere, il solitario è svizzero, gli altri non so. Anche sul Tagliamento avevo incrociato turisti come questi: un bel modo di fare fuoristrada!


Il ponte della vecchia strada tra Monreale Valcellina e Maniago, un ideale cancello che chiude il Cellina tra le montagne.


COLVERA E MEDUNA


Non portate le vostre greggi a pascolare a Maniago, è vietato!

Attraverso la cittadina friulana, fino a raggiungere ed oltrepassare la zona industriale; il torrente Colvera scorre parallelo alla strada per Spilimbergo, al primo bivio che trovo sulla mia dx giro in una strada sterrata, ed è quella giusta:


Che bel cartello!


Ed ecco il guado sul Colvera

Questo torrente è piccolo al confronto dei fratelli maggiori Cellina e Meduna, rimane comunque sopra agli standard a cui siamo abituati in Veneto; trattasi di una distesa di ghiaia ampia alcune centinaia di metri, completamente smotazzabili!
Questo torrente lo conobbi durante la gara di Fanna del 2002; pare incredibile, ma allora era in piena, e la leggenda narra che alcuni concorrenti fossero rimasti isolati su delle isole ghiaiose e salvati dalla protezione civile!


Qualche lama d’acqua filtra tra le pietre


Nel 2002 era così!

Intercettato il greto del Meduna, lo risalgo verso le montagne; le situazioni di guida sono più o meno le medesime; da dire che è quasi impossibili guidare senza lenti da sole: le pietre bianche mandano un riverbero accecante, per fortuna mi sono portato una visiera arancio perfetta per filtrare la luce: quando faccio delle pause quasi non riesco a tenere aperti gli occhi!
Il Meduna si infila nell’imbuto del ponte di Sequals, dove riappare l’acqua e le sponde sono formate anche da massi enormi, scogliere di fiume.
Oltre il ponte il letto si allarga di nuovo, ma il procedere è spossante, qui i massi cominciano ad essere molto grandi. Nei pressi del ponte di Meduno un torentello laterale, ovviamente in secca, mi conduce con fatica all’asfalto.
Sono oramai all’imbocco della Val Tramontina, e mi dirigo verso le montagne.


Confluenza del Colvera nel Meduna


Sosta in una rachitica oasi al centro del fiume


Più si avanza verso monte, più il fiume è serrato da sponde altissime


Arcate del ponte di Sequals


Riappare limpidissima l’acqua

THE ROCK MOUNTAINS

La deviazione ai laghi artificiali di Cà Selva e Cà Zul l’avevo intesa come un diversivo di poca importanza, più che altro la curiosità di vedere le dighe, ed in particolare i 2 tunnel che le collegano; ne avevo parlato, o corrisposto, con l’amico Walter, e mi pareva di ricordare che le gallerie fossero sterrate. In realtà questa “divagazione” è stato il momento più emozionante della gitona.
Dal lago artificiale di Tramonti lasciavo la strada principale, che porta al valico di Monte Rest (collegamento con Ampezzo e la Carnia), ancora chiuso per neve, per imboccare la valle secondaria del torrente Silisia, verso l’abitato di Chievolis.
Dopo il paese la valle diviene sempre più disabitata, aspra e forte; passo qualche casolare adibito a casa vacanza, qualche rudere, e mi pare impossibili che qualcuno vivesse lì, quando, ormai nei pressi della diga, raggiungo la contrada di Selva, 4 case strette tra loro come in un abbraccio per difendersi dalle incombenti pareti delle montagne attorno! Mai nome di luogo fu più azzeccato.


Chievolis: 4 case per 2 ponti; il lago Tramonti si insinua fra le montagne.


Oltre Chievolis la strada asfaltata corre a picco sulla gola del torrente, scavata nella roccia della montagna.


Lo sbarramento di Cà Selva


Non soffro di vertigini, ma quando mi sono sporto per fare questa foto mi sono cagato sotto!

Oltre lo sbarramento la stradina costeggia per tutta la sua lunghezza il bacino artificiale, sulla sponda destra,  e dove questo termina lei prosegue inerpicandosi lungo la valle che porta alla Forcella Clautana.
La strada è in parte asfaltata e in parte sterrata, ma riempie il cuore: a tratti sfiora le acque, poi se ne discosta per arrampicarsi su di un promontorio montuoso, oltre il quale scende immersa in una bellissima faggeta, cosparse di foglie rosse e gialle, fino a ritrovare le acque verde giada del lago.
Scende quasi a livello delle spiagge, dove ruderi di case si confondono con enormi macigni precipitati da chissà dove; abitazioni sempre sommerse dalle acque affiorano per la magra del lago (le sonde erano sotto il livello di parecchi metri), poi il lago lascia il posto al torrente che serpeggia fra luminosi ghiaioni. La strada sale e scende scavata nella roccia, piccole frane e smottamenti rendono il procedere più avventuroso.
Credo di essere l’unico umano in tutta la valle, quando un rumore è presto seguito dall’apparizione di una ruspa che a colpi di pala sta risistemando la strada.
Fermo il conducente, un cow-boy friulano in camicia a quadrettoni e jeans; non è seccato dalla mia presenza, anzi, mi autorizza ad andare avanti, nonostante il cartello di divieto per lavori in corso, tanto posso proseguire solo per poco più di un km, sembra dispiaciuto, pensa a voce alta a dove potrei andare, il monte “XX”, la sella “XY”, ma oltre a essere vietate (ovvio!!) non ce la fare in moto, lui li fa in discesa con la bici, ma la moto non ci passa.
Saluto e proseguo, supero i suoi colleghi che, smesso il lavoro, stanno apparecchiando un tavolo dentro alla baracca container, un bottiglione di vino rosso troneggia al centro della tavola; penso a questi operai, che stanno lavorando immersi in un paesaggio stupendo, nel silenzio, all’aria pura, senza nessuno che rompe il ca**o, e penso al mio lavoro da ufficio: forse ho sbagliato mestiere!
La strada si interrompe in località Tranconere, un rudere nel bosco; da lì altri 900 metri di dislivello mi dividono dalla Forcella Clautana. Sull’altro versante, nella valle di Claut, la Forcella è raggiunta da una sterrata che scende verso la val Settimana e da li nella parte superiore della Val Cellina, da cui attraverso il passo di San Osvaldo si raggiungerebbe la diga del Vajont e Longarone, in Veneto: un bel anello, ma a sentire l’operaio non è possibile farcela, divieti a parte.


Sulle rive del lago


Fra quegli enormi macigni ci sono anche case


Contrade sommerse


La strada valica e scende quel promontorio boscoso sulla sinistra


Sempre più avanti: ma sono in Friuli o nelle Montagne Rocciose?


La Madre di tutta la valle: la luce si riflette sulle nevi e la montagna sembra irradiare il cielo attorno di luce propria!

I TUNNEL DELLA PAURA

Con calma ritorno sui miei passi verso la diga e la contrada di Selva, dove prendo a sx verso la diga di Cà Zul. Dopo meno di un km la strada scompare nella bocca del tunnel; il cartello parla chiaro: “Vietato l’accesso ai non addetti ai lavori” e il cancello aperto probabilmente sta a dire che dall’altra parte c’è qualcuno al lavoro!
“Sono arrivato fin qua, andiamo incontro al destino, divieto o non divieto, multa o non multa” ed entro.
Davanti all’ingresso avevo visto all’interno del tunnel un minuscolo dischetto luminoso, delle dimensioni di un cellulare, e pensavo che fosse un qualche segnale stradale luminescente, delle dimensioni di una pagina da quaderno, posto a qualche decina di metri dall’ingresso; ma più che avanzavo più il dischetto rimaneva tale, finché capivo: non era un cartello, ma l’uscita della galleria, perfettamente in asse con l’ingresso, a 1.600 metri di distanza!
Nell’attraversare questi tunnel mi sono cagato addosso: queste gallerie friulane sono lunghissime, ogni tanto hanno la volta e le pareti cementate ma più spesso sono di nuda roccia; il fondo potrebbe essere asfaltato, ma i detriti e il fango lo ricoprono e ampie pozzanghere ne occupano per lunghi tratti la superficie; dal soffitto ci sono infiltrazioni d’acqua a iosa.
La seconda galleria è più breve, 900 metri, ma fa una paura da bestie: dal soffitto cade una quantità d’acqua impressionante, dei fiotti che pare di essere in un temporale, le ruote sollevano spruzzi di fango: al termine sembravo reduce da un giro in un campo di terra sotto la pioggia, e non dall’attraversamento di una galleria! La sezione è stretta, a misura di un solo autoveicolo, e il rombo del motore è assordante, impossibile non pensare che da un momento all’altro ti potrebbe crollare tutto sulla testa! Ed ho fatto in passato lo speleologo, quindi non ho paure irrazionali degli ambienti sotterranei!
All’uscita della prima galleria ci si trova in un brevissimo tratto asfaltato che attraversa un boale della montagna, una trappola per topi in cui non c’è via di uscita se non ripercorrendo uno dei due tunnel.


L’ingresso della prima galleria


In fondo, l’uscita della seconda galleria


La diga di Cà Zul

Presso il posto di controllo della diga di Cà Zul c’era l’auto dei tecnici, non so se fosse un caso o se ogni giorno vanno lì, comunque da paura farsi ogni giorno 4 volte quei tunnel!
Sulla mappa è segnata una traccia che dalla diga condurrebbe nel fondovalle della Val Tramontina, ma avrei dovuto passare davanti al posto di controllo, e riuscivo a malapena da individuarla sul fianco opposto della montagna; lasciavo perdere e mi rifacevo al contrario i tunnel della paura, per poi scendere verso il lago di Tramonti dove consumavo un panino.

RITORNO SUL MEDUNA

Ormai si era fatto tardi per andare verso il Tagliamento, per cui decidevo di scendere con calma tutto il Meduna fino a Pordenone, recuperare auto e carrello e tornare in Veneto.
Nel paese di Meduno mi fermavo a fare  benzina, più che altro per scrupolo perché, anche se non ero partito col pieno, non ero ancora in riserva; il serbatoio Acerbis ha il doppio rubinetto, quindi volendo una doppia riserva, ma non so a quanto ammontino: coi suoi 22 L regala all’XR400 una autonomia esagerata.
Il serbatoio mi giocava però un bello scherzo, l’unico intoppo “tecnico” della gita: probabilmente avevo stretto troppo il tappo, la plastica e la guarnizione (di materiale  dozzinale) si erano seccate e non riuscivo più a svitare il tappo! Solo con un pappagallo prestatomi dalla benzinaia riuscivo nell’impresa.
La discesa del Meduna procedeva tranquilla, transitando per alcuni spot immancabili della zona, le case Zoppa, o Zoppas, e l’Osservatorio Ariete.
Entrambi sono situati, 1 km uno dall’altro, nel centro della grande “Y” disegnata dai torrenti, in quell’area stepposa fra i 2 greti.
Le case sono un insieme di cubicoli di cemento semi diroccati usate per gli allenamenti agli assalti; mi domando se vengano ancora usate, comunicano un senso di abbandono e rovina post-atomico.
A loro interno ho trovato interessanti graffiti di ogni tipo, da quelli personali  a inneggiamenti pro o contro l’enduro.
L’osservatorio Ariete è una torre a 2 piani da cui gli ufficiali osservavano le manovre dell’esercito.


Cantiere sulla strada tra Vivaro e Spilimbergo: anche qui il ponte sostituirà il guado del torrente: si vedono le auto utilizzare la vecchia pista sterrata; considerare che è una strada provinciale!


Un simpatico avviso: dare la precedenza ai carri armati!


Case Zoppas


XR in ambientazione post-atomica


Qua abbiamo un appassionato di regolarità: maico, sachs, S.W.M.


Osservatorio Ariete

Giravo un po’ attorno all’osservatorio, nei cui pressi erano accampate diverse persone con camion, camper e tende, ma non capivo se erano zingari o turisti fuoristrada; ritornavo alle Case Zoppas per un’altra pista, in quest’area ce ne sono 10.000, tutte che si intersecano fra loro, e piegavo deciso verso il Cellina, deciso a seguirlo fino alla confluenza col Meduna e poi ad oltranza verso sud.
Quando alla mia dx compariva la linea della vegetazione, ed anche a sx ero vicino all’argine, ne deducevo che mi trovavo nella intersezione degli alvei, dove i 2 fiumi diventano uno; intersecavo un guado sterrato, lo seguivo verso ovest, entrando in un’area boscosa, ma con somma sorpresa dopo 2-300 metri ero di nuovo al limitare di un ghiaione!
Qualche centinaia di metri più a valle vedevo passare delle auto nel fiume: anche se dalle carte in mio possesso non era evidente, comprendevo che dove ero i 2 fiumi non si erano ancora uniti, e addirittura fra di loro si erge un’isola di terra compatta, rigogliosa di vegetazione e d’alberi ad alto fusto:  vi si trova pure un cantiere di cavatori e il passaggio della strada: Google mi avrebbe dato conferma di tutto ciò
Ultima sorpresa di una giornata memorabile!

Ciao
Alves




Getto77

Cavoli bel giro e bel report, complimenti ;)
Il cielo stellato sopra di me, la legge morale dentro di me

Cesio

Fantastico report,

Domenica scorsa partendo come al solito da Cordenons ci siamo fermati proprio a Chievolis pensando, prima o poi, di andare fino alle dighe.


Se riconosco bene la foto, Domenica mi sono ribaltato proprio in cima a quel dirupo ad un metro dal bordo ...

Ciao
Michele

carpe diem

Bel giro e bei posti :) pero facciamo attenzione a non svelare con indicazioni troppo precise e dettagliate perchè non si sa mai chi ci osserva :-\

Tuttavia sono stato in quei posti 2 domeniche fà ed alle 16.40 siamo entrati sotto il ponte nuovo sul Cellina e siamo usciti al ponte vecchio circa 8-10 km a valle che ormai era buio.... è ,stato massacrante x la schiena fare quel tratto di 3^ e 4^   con puntate di 5^ marcia :o

alves

Domenica mi sono ribaltato proprio in cima a quel dirupo ad un metro dal bordo ...

Si, si è quello!
Anch’io mi sono arenato la in cima, ad un metro dal bordo, durante la gara di Fanna 2002, e portata su la moto a spinta!

Bel giro e bei posti  pero facciamo attenzione a non svelare con indicazioni troppo precise e dettagliate perchè non si sa mai chi ci osserva

Osservazione giustissima e che condivido in pieno, ma in questo caso si tratta del classico “segreto di Pulcinella”: tra gare del Triveneto, Italian Baja, tour organizzati (ci sono pure quelli) chi non conosce i posti, anche da oltre confine? Ogni volta che ci vado trovo SEMPRE almeno un paio di stranieri col 4x4!
E poi, cosa ci vuole a trovare un fiume? Basta arrivare al primo ponte ed entrare dentro.
Diverso il discorsi se parliamo di sentieri e mule sui monti: li si è TOP SECRET!
E comunque, quando i Verdi e compagnia bella ci vorranno inculare anche la in Friuli, lo faranno …

è ,stato massacrante x la schiena fare quel tratto

e già, farsi le piste ai lati è anche rilassante, ma se decidi di farti sempre e solo il greto sono decine di km che ti massacrano!

Ciao
Alves

Cesio

CitazioneAnch’io mi sono arenato la in cima, ad un metro dal bordo, durante la gara di Fanna 2002, e portata su la moto a spinta!

Vuoi dire che da sotto sei andato su per la scarpata?  :o :o :o

Io in realtà stavo viaggiando bello bello la su sull'erbetta (a 2 km/h  :D) e sono caduto vicino al bordo: guardare di sotto è stata un'emozione ;D

carpe diem

Citazione di: alves il Novembre 21, 2006, 16:58:00 PM
Osservazione giustissima e che condivido in pieno, ma in questo caso si tratta del classico “segreto di Pulcinella”: tra gare del Triveneto, Italian Baja, tour organizzati (ci sono pure quelli) chi non conosce i posti, anche da oltre confine? Ogni volta che ci vado trovo SEMPRE almeno un paio di stranieri col 4x4!
E poi, cosa ci vuole a trovare un fiume? Basta arrivare al primo ponte ed entrare dentro.
Diverso il discorsi se parliamo di sentieri e mule sui monti: li si è TOP SECRET!
E comunque, quando i Verdi e compagnia bella ci vorranno inculare anche la in Friuli, lo faranno …



si concordo quanto dici, ma io dicevo di stare attenti perchè oramai si può risalire con facilità a chi scrive nel web e anche se nel ns caso non si parla di argomenti particolarmente scottanti forse è preferibile stare sul vago ;)


Citazione di: alves il Novembre 21, 2006, 16:58:00 PM




è ,stato massacrante x la schiena fare quel tratto

e già, farsi le piste ai lati è anche rilassante, ma se decidi di farti sempre e solo il greto sono decine di km che ti massacrano!

Ciao
Alves


sinceramente avrei preferito la pista ai lati, anche perchè ero sulla moto dalle 9 del mattino, ma come ho già scritto non potevo astenermi di gareggiare con le altre 36 moto presenti ::) ;D

Ciao

guco

Ciao Alves,
ottimo report sono passato anche io da quelle parti purtroppo in macchina per lavoro.
Gli inficiati aspettano sempre di fare un incontro con i vicentini noi adesso riusciamo ad arrivare a Chiampo per cui ci si potrebbe incontrare lì che ne dici ?
Sempre che tu abbia finito i lavori a casa.

Saluti.

Guco Dai che nemo.com

;D ;D ;D ;D ;D ;D ;D ;D ;D

thecapitan

Ciao Alves. i tuoi report sono davvero
ben strutturati, completi ed intriganti  ::)
I miei complimenti  ;)
cuore arancio sangue blu    ktm 950 Adv S 2005
                                         ktm exc 525 2007
                                      Socio AFI numero 1153

Bracco



Erano quasi dieci anni che non rivedevo il Poligono del Cellina - Meduna.

Quanti ricordi.

Grazie Alves

Salut


orso

#10
cosa eri carrista???????????
non sò ancora cosa farò da grande

alves

, ma come ho già scritto non potevo astenermi di gareggiare con le altre 36 moto presenti

Non per fare polemica, ma dici a me di non essere troppo dettagliato, e poi viene fuori che eravate in 36 moto!!! Ma che era, un raduno?
Se passa uno in solitaria, come me, non lo nota nessuno, ma in 36 mi sa che vi sentivano fino a Pordenone!!!

Alves

carpe diem

posso solo dirti che in un tratto i caramba hanno bloccato ,il traffico per farci attraversare una provinciale :P :)

Bracco


Lancillotto

bellissimo report come sempre....

ma chi lo va a pensare che nel nostro Nord-est ci siano posti così....  ??? bellissimi  :-* non ci potevo credere nel vedere le foto.
Se proprio devi comprare una moto da enduro... compra una XR! Ricorda, l'asfalto è ruvido e grattugia anche d'estate: usa le protezioni!